Onorevoli Colleghi! - A seguito dell'applicazione dell'articolo 1, commi 1 e 2-quinquies, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, e dell'articolo 13, comma 5, lettera b), della legge 23 dicembre 1994, n. 724, il personale della scuola ha subìto una grave ingiustizia. Infatti, coloro che hanno presentato le dimissioni accettate dall'ammininistrazione, così come vuole la legislazione vigente nel comparto scuola, collocati a riposo, si sono visti decurtare quattro mensilità di pensione che, ad oggi, non hanno mai percepito. La presente proposta di legge vuole rendere giustizia a coloro che hanno subìto tale trattamento.
      La Corte costituzionale, con sentenza 12-23 dicembre 1994, n. 439, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 1 e 2-quinquies, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, nella parte in cui differisce, fino al 1o gennaio 1994, la corresponsione della pensione per il personale della scuola collocato a riposo, per dimissioni, dal 1o settembre 1993. Giova ricordare che la Corte ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale dell'articolo 13, comma 5, lettera b), della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nella parte in cui differisce al 1o gennaio 1996 la corresponsione della pensione per il personale della scuola collocato a riposo per dimissioni.
      Nonostante, dunque, la Corte si sia pronunciata più volte nel merito dei provvedimenti legislativi in questione, il legislatore non ha mai sanato l'irrazionalità delle norme applicate.

 

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      Infatti, in via di principio, deve sussistere la corresponsione del trattamento pensionistico, in coincidenza con la cessazione dal servizio. L'applicazione delle norme vigenti ha invece lasciato il personale del comparto scuola senza lo stipendio (che percepivano durante il servizio), e senza la pensione (che hanno percepito solo quattro mesi dopo).
      L'intervento legislativo si rende dunque necessario in quanto la pubblica amministrazione non ha mai provveduto spontaneamente alla revoca dei provvedimenti, ritenuti illegittimi dalla Corte costituzionale che si è più volte pronunciata nel merito nonostante il personale della scuola abbia fatto presente, nel corso degli anni, le ingiuste situazioni determinatesi.
 

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